Negli ultimi anni, si è assistito a continui proclami da parte di grandi aziende (Google, IBM ed altre) per aver raggiunto traguardi scientifici e tecnologici cosiddetti di “supremazia” nel “calcolo quantistico”.
Calcolo che sfrutta (come ormai molti sanno) i complessi fenomeni misteriosi della Fisica Quantistica: sovrapposizione degli stati e dell’entanglement.
La tematica è maledettamente complessa, e molti vengono tratti in inganno (anche tecnici ed ingegneri informatici) dai proclami di “supremazia” di calcolo quantistico che si leggono in rete pensando – erroneamente – qualche società o gruppo di ricerca sia riuscito effettivamente a far risolvere a un calcolatore quantistico un qualsiasi problema pratico. Nulla di più falso!
L’idea originaria di eseguire calcoli in parallelo sfruttando i fenomeni di fisica quantistica di sovrapposizione degli stati e dell’entanglement sembra essersi perduta nella confusa nebbia della nuova moda del momento: la corsa alla supremazia quantistica, un vero e proprio business.
Un hardware autenticamente quantistico non è stato ancora costruito. Tutto quanto è stato realizzato fino a oggi di hardware per il calcolo quantistico è lo sfruttare con astuzie matematiche hardware ibridi (computazione classica e pseudo quantistica) per risolvere alcuni particolari problemi matematici risolvibili con gli algoritmi cosiddetti quantistici (Shor, Grover, etc.) tunandoli in modo particolare per estrarre “informazioni” da essi.
Cioè un tuning fatto di aggiustamenti dinamici con complesse reti informatiche di compensazione e riparazione delle informazioni che processate dai Qubit inevitabilmente vengono sporcate dal rumore quantistico di entanglement (decoerenza).
Il quadro è davvero sconcertante perché gli algoritmi quantistici richiedono delle simulazioni svolte su un computer classico, cioè prima di essere inputati in un qualsivoglia calcolatore quantistico, ma nessun computer classico può simulare un algoritmo quantistico quindi è teoricamente impossibile; sembra il risultato di un arrampicarsi sugli specchi per fingere che un hardware senza le caratteristiche di un calcolatore quantistico possa essere considerato capace di simulare l’algoritmo che, per sua natura di complessità strutturale non può essere simulato. Non è facile accettare l’idea che l’attuale clima di euforia attorno al “computer” quantistico, e gli investimenti milionari che si stanno facendo siano incentrati sul tentativo di costruire una macchina, che una volta costruita e funzionante, e di qualsiasi dimensione (cioè potenzialmente dotata di miloni di Qubit), servirebbe solo a dare risposte superficialmente tautologiche rispetto all’input.
Pertanto tutto questo affare di corsa tecnologica mondiale al calcolo quantistico sembra un immenso equivoco. Sembra un mistero come si possano investire così tanti milioni di dollari su macchine il cui progetto teorico è terribilmente deludente dal punto di vista squisitamente scientifico. I fenomeni anomali dietro la fisica quantistica sono ancora sconosciuti e incompresi dalla Scienza, perciò come si può pensare di manipolare e controllare quel tipo di fisica? Inoltre, il setup (preparazione iniziale) di un algoritmo quantistico (simulazione) con un software specifico, richiederebbe l’appoggio di un calcolatore classico di dimensioni fuori dalla realtà.
Come si legge nel libro “Quantum Computation and Quantum Information” di Nielsen e Chuang, ci troviamo quindi di fronte a mere ipotesi sulla reale possibilità teorica di costruire un autentico calcolatore quantistico, perché per far funzionare veramente un algoritmo quantistico simulandolo prima di introdurlo nell’hardware quantistico, occorrerebbe gestire vettori di dimensione di milioni di cifre. Nonostante questi limiti mostruosi si continua a presentare al grande pubblico (senza adeguate conoscenze scientifiche) il computer quantistico come certezza.
Non è un caso che il fisico sperimentale (come anche altri scienziati) Mikhail Dyakonov, in un suo interessante articolo ha espresso un pensiero molto pessimista sulla reale possbilità di realizzare un computer quantistico.
L’intera vicenda storica del calcolo quantistico si può suddividere in 3 periodi:
- periodo tra il 1985 e 1986 (verifica della potenzialità teorica del progetto) al termine del quale nessuno volle prendere atto del fallimento e riconoscerlo apertamente;
- periodo successivo al 1996 (sonnacchioso e basso profilo) università e industrie informatiche tennero vivo il progetto perché tutto sommato avere un laboratorio di informatica quantistica dà prestigio e se ne potrebbe sempre ricavare qualcosa;
- periodo, quello attuale della presente bolla con investimenti che continuano a crescere mentre nessuno si prende cura di pensare a cosa potrebbe servire il computer quantistico una volta costruito.
Supponendo che nel futuro si riesca a costruire un computer quantistico con un certo numero di Qbit sufficientemente stabili per dare risultati attesi, nessun al mondo ha la minima idea di quale uso se ne potrebbe fare, se non solo di eseguire qualche gate reversibile e verificare i 5 algoritmi quantistici che conosciamo, privi di qualsiasi prospettiva di uso tecnico/pratico.
Quindi in conclusione, non si tratta di essere pessimisti o retrogradi di fronte alle innovazioni tecnologiche e scientifiche, ma bensì porsi con i piedi per terra capendo l’enormità delle insormontabili problematiche teoriche che pone il calcolo quantistico.
Problematiche dovute agli enormi limiti, prima teorici, e dopo tecnologici, dell’attuale livello di conoscenza scientifica dei misteriosi fenomeni quantistici e di come essi possano essere in qualche modo gestiti ai fini di realizzare un calcolatore quantistico per un uso pratico.
Bibliografia
- Bernhardt, Chris, Quantum Computation for everyone (The MIT Press)
- Nielsen, Michael & Chuang, Isaac, Quantum Computation and Quantum Information, Cambridge University Press
- Yanofsky, Noson S. & Mannucci, Mirco A., Quantum Computing for Computer Scientist, Cambridge University Press
- Alberto Palazzi, Informatica Quantistica, Il Glifo.